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    Come affrontare l’ansia sul lavoro

    Come affrontare l’ansia sul lavoro

    Hai presente quel senso di oppressione al petto mentre pensi a tutto ciò che ancora devi fare?
    Oppure quella tensione costante che ti accompagna anche quando spegni il computer?

    È l’Ansia!

    Non sempre si mostra con attacchi visibili o crisi evidenti, spesso indossa abiti eleganti: si traveste da iper-controllo, da perfezionismo, da insonnia nascosta dietro una produttività forzata. Eppure, lavora in profondità, consumando energie e lucidità.

    La senti ogni volta che pensi ai risultati da raggiungere, ai report da inviare, al team da motivare. Quando temi di deludere i vertici, di non riuscire a meritarti quel bonus, o peggio, di far crollare la fiducia che hanno riposto in te. Magari sorridi in riunione, ma dentro sei teso come una corda.

    Ti svegli con la sensazione che tutto dipenda da te. Investimenti, dipendenti, progetti, scadenze.
    Hai paura di non farcela, di non vedere realizzati gli obiettivi per cui ti sei giocato tutto. E intanto porti il carico sulle spalle, da solo, in silenzio.

    Sì, perché l’ansia è una compagna silenziosa, e spesso ingombrante, nelle giornate di imprenditori, manager e impiegati.

    Nell’articolo ti do alcuni accenni per riconoscerla, distinguerla da altre emozioni, e soprattutto alcuni consigli su come imparare a gestirla per tornare ad avere lucidità, efficacia e presenza.

     

    Riconoscere l’ansia

    Nei contesti professionali l’Ansia è sempre più presente e diversificata: c’è l’ansia da risultato, quella da esposizione, da confronto con i superiori o quella causata dalla sensazione di non avere vie d’uscita.

    ·         L’imprenditore ha l’ansia di avere la responsabilità totale dell’azienda e tutto sulle sue spalle, a volte ha paura di fallire, di non vedere la realizzazione del suo progetto, di fallire. Un carico non indifferente da gestire.

    ·         I manager hanno l’ansia di non soddisfare le aspettative dei dirigenti e soci, non arrivare agli obiettivi, non raggiungere i premi di produzione o di non riuscire a gestire il team.

    ·         Per gli impiegati l’ansia può essere legata ai rapporti sociali, e manifestarsi come paura di non andar d’accordo con i colleghi e non essere accettati dal gruppo, o di parlare col capo oltre; oltre che di performance e di essere lasciati a casa per un errore.

    Le persone che vivono sotto la spinta dell’ansia spesso dicono cose come: “Mi manca il respiro”, “sono andato/a in tilt”, “mi sento sopraffatto/a”.

    Quando si presentano da me, li osservo, e a livello corporeo noto che alcuni trattengono il respiro o alterano il ritmo respiratorio, altri alzano il tono di voce, che diventa più acuta, ne variano l’intensità (il volume) e gridano senza accorgersene, altri ancora accelerano l’eloquio o gesticolano in modo disordinato. Poi ci sono quelli che, al contrario, vanno in protezione, rallentano i movimenti, abbassano lo sguardo, cambiano la postura e chiudono le spalle, si piegano su se stessi, portano una mano al petto e parlano con un tono grave.

    Il primo passo, per un Coach, è saper riconoscere l’ansia per ciò che è, senza confonderla con altre emozioni come paura, stress o segnali più profondi legati a uno stato depressivo.
    Quando emergono indicatori di malessere persistente, il Coach deve fare un passo indietro e indirizzare la persona, che in quel momento ha bisogno di un supporto clinico, verso professionisti qualificati come psicologi o psichiatri.

    È accaduto anche a me, durante un percorso di Coaching: ho riconosciuto i segnali iniziali di una possibile depressione e ho prontamente orientato il cliente verso uno psicologo, che a sua volta lo ha affidato a uno psichiatra. Riconoscere i propri limiti di intervento è un atto di responsabilità e tutela, sia per la persona che si rivolge al Coach, sia per la qualità del proprio lavoro di Consulente.

     

    Quando l’ansia si maschera da dipendenza

    Durante il mio lavoro come Coach aziendale, ho incontrato manager brillanti, preparati, con ruoli di grande responsabilità, eppure bloccati da un meccanismo invisibile ma potente: l’ansia da performance.

    Per molti, il problema non è “fare bene il proprio lavoro”, ma la pressione costante di dover dimostrare valore ogni giorno, con l’ansia di non soddisfare le aspettative. Questo meccanismo crea un vortice emotivo che spesso viene sfogato in modi apparentemente innocui, ma che diventano automatismi.

    Il caso di un Direttore Commerciale
    Un manager di alto livello si era ritrovato a sfogare la tensione giocando compulsivamente durante le pause lavorative. Si diceva: “Se vinco, la giornata parte bene. Se perdo, va tutto storto”.
    Aveva costruito una routine ansiolitica attorno al gioco, legando il proprio umore, e di conseguenza le proprie performance, all’esito casuale di una partita.

    Insieme, abbiamo ricostruito il significato emotivo di questo comportamento: il gioco era diventato un anestetico per la sua insicurezza e per la paura del fallimento.

    Abbiamo lavorato insieme per identificare i momenti critici in cui il bisogno si attivava, gli ho suggerito di tenere un diario emotivo, annotando lo stato prima e dopo ogni partita, l’ho aiutato a riconoscere le distorsioni cognitive legate al “vinco → allora valgo”, e a sostituire gradualmente il gioco con abitudini più sane, come una pausa con i colleghi e la palestra.

    Il percorso è stato profondo, simile a un lavoro di disintossicazione: giorno dopo giorno, ha ritrovato padronanza emotiva, ha abbandonato il gioco e ha riscoperto la motivazione nel suo lavoro reale, non in quello simbolico, ha ritrovato la libertà di non essere in balìa del caso o di un gesto compulsivo.

    Il Coaching lo ha aiutato a riconoscere che il gioco era solo un sintomo, una valvola di sfogo per l’ansia di non essere “abbastanza”.

     

    I falsi miti da sfatare

    Intorno all’ansia ruotano molte convinzioni errate e falsi miti che vorrei sfatare, perché spesso peggiorano la situazione e fanno sentire ancora più oppresso chi ne soffre:

    ·         “L’ansia si supera con la forza di volontà”.

    ·         “Chi ha ansia non è adatto a ruoli di responsabilità”.

    ·         “Per gestirla basta rilassarsi”.

    No. No. No.

    Per superare l’Ansia serve metodo, non forza. La volontà, da sola, non basta. Il 99% dei miei clienti affetti d’ansia ha tentato prima con soluzioni fai-da-te: libri, podcast e tecniche online. La volontà era tanta, ma mancavano gli strumenti, mancava loro una guida, che li aiutasse a capire quando e come iniziava il loop di pensieri ansiogeni, che insegnasse tecniche per interrompere questo meccanismo e disinnescarlo. L’ansia non si risolve in solitaria, servono confronto, supporto e tecnica.

    Le persone ansiose si sentono molto responsabili delle proprie azioni e si fanno carico anche di compiti che non spettano loro per arrivare al risultato.  Sono le persone più coinvolte e attente a soffrire maggiormente d’attacchi d’ansia. Proprio perché tengono alle loro performance, a fare bene, a far funzionare le cose e soddisfare le aspettative, che cadono nella rete dell’ansia. E purtroppo, nel mondo del business di oggi, anche la persona più solida ha dei cedimenti e si fa sopraffare da anticipazioni catastrofiche sul futuro.

    Se bastasse rilassarsi per risolvere l’ansia, sarebbe sufficiente installare una Jacuzzi in ogni ufficio. Tecniche come la meditazione, lo yoga o una passeggiata nel verde sono strumenti preziosi per calmare il sistema nervoso e riattivare la parte razionale della mente, ma non sono soluzioni universali né sempre praticabili. Hanno un effetto positivo sul breve termine, ma richiedono tempo, contesto adeguato e una certa predisposizione personale per essere davvero efficaci. Nelle situazioni ad alta pressione, come una riunione decisiva o una conversazione difficile, non si ha il lusso di “prendersi un’ora di silenzio”. In quei momenti servono strategie rapide, applicabili subito, che aiutino a gestire l’ansia nel momento stesso in cui si presenta.

     

    Come si lavora sull’ansia nei percorsi di Coaching

    Nei miei percorsi di Self Empowerment & Improvement, l’ansia non viene trattata come un nemico da combattere, ma come un segnale prezioso da ascoltare, comprendere e trasformare.
    L’obiettivo non è eliminarla, perché in alcune forme può anche essere funzionale, ma regolarla affinché non diventi un ostacolo, bensì una leva per agire con maggiore lucidità.

    Per farlo, integro strumenti concreti, tecniche psicocorporee e riflessioni guidate che aiutano la persona a distinguere tra ciò che prova, ciò che pensa e ciò che fa. Tre esempi di tecniche di Coaching che utilizzo in questi casi sono:

    • Il Journaling
      Annotare in forma scritta i momenti critici permette di dare forma ai pensieri, identificare i meccanismi ricorrenti, riconoscere le convinzioni limitanti e scoprire gli inneschi emotivi. Il journaling è uno strumento di autoconsapevolezza profondo, che spesso rivela ciò che verbalmente si fatica a dire.
    • La ristrutturazione cognitiva
      Molta dell’ansia nasce da interpretazioni distorte della realtà, da dialoghi interni sabotanti o da schemi mentali che ti ripeti inconsapevolmente. Con il Coaching ti aiuto a riformulare questi pensieri, metterli in discussione e sostituirli con narrazioni più funzionali.
    • La Visualizzazione strategica
      Una delle tecniche più potenti per prepararsi mentalmente ad affrontare le future situazioni ad alta pressione. Visualizzarsi mentre si affronta con successo una riunione difficile, una gara, una trattativa o un discorso in pubblico consente al cervello di allenare le risposte efficaci e ridurre l’impatto dell’ansia reale.

    Con un pilota di rally, l’ansia si manifestava sempre nelle fasi finali di gara, causandogli cali di concentrazione proprio nei momenti decisivi. Abbiamo lavorato con visualizzazioni guidate, respirazione, diario emotivo e analisi dei pensieri automatici che lo sabotavano.
    Dopo alcune settimane, è riuscito non solo a gestire meglio la pressione, ma ha ricominciato a vincere.

     

    L’ansia, se capita e gestita, diventa una bussola. Ti indica le zone fragili, i nodi irrisolti, ma anche ciò che per te conta davvero. Lì dove fa più paura, spesso si nasconde il tuo obiettivo, la tua ambizione, la tua strada.

    Quando impari a gestire l’ansia, cambia il tuo modo di stare al lavoro. Diventi più lucido, più presente, più strategico. Prendi decisioni migliori, comunichi con più autorevolezza e impari anche a dire no, senza sensi di colpa.

    Un Sales Manager, durante il percorso, ha rivisto completamente il suo assetto di lavoro: ha ridimensionato il team, imparato a delegare e impostato obiettivi più sostenibili. Il risultato? Più equilibrio, meno dipendenza dai picchi emotivi e un team finalmente funzionante.

    La gestione dell’ansia porta anche benefici relazionali: migliora la comunicazione, la fiducia nel team e il rapporto con i superiori. Le persone si sentono più libere di esprimersi, di proporre, di confrontarsi.

     

    Non puoi controllare tutto. Ma puoi controllare te stesso.

    L’ansia non è un malessere che si presenta da solo, spesso cammina a braccetto insieme ad altre fragilità emotive, come una scarsa autostima, la sindrome dell’impostore, la difficoltà a comunicare in modo assertivo, la paura di non essere all’altezza o l’incapacità di esprimere il proprio punto di vista. Chi vive in questa condizione fa fatica a dire “no”, a far valere i propri bisogni, a comunicare con chiarezza.

    In molti casi, l’ansia si acutizza nei momenti di cambiamento: quando si è davanti a un bivio importante, come decidere di cambiare lavoro o ridefinire il proprio ruolo professionale. È in questi frangenti che, se non è riconosciuta e gestita, l’ansia può spingerti a scelte impulsive o evitanti, portarti a decisioni drastiche e fuorvianti, anche nella vita personale. Per questo è fondamentale imparare a riconoscerla e gestirla prima che condizioni in profondità scelte e relazioni. Come dicono nelle scuole di vela: “Non puoi evitare il vento, ma puoi imparare a navigare anche quando è forte.”

    E da questa consapevolezza che nasce il percorso di Coaching Self Empowerment & Improvement”, pensato per aiutarti a riconoscere i tuoi meccanismi interni, disinnescare l’ansia bloccante e attivare nuove strategie mentali ed emotive. Un percorso pratico, personalizzato, che ti aiuta a separare la percezione dal fatto, l’emozione dal pensiero, affrontare la pressione in modo diverso e ritrovare lucidità, direzione e sicurezza.